Cari Soci, cari Amici di CIVICUM, il 2015 ci ha portato nuovi successi, esperienze, soddisfazioni ed emozioni. Nel 2016 ci attendono sfide ancora maggiori. Il recente dibattito del Direttivo sulla nostra missione apre ampi spazi di dialogo e riflessioni strategiche per un rinnovato sforzo; qui di seguito alcune considerazioni personali quale contributo a questa discussione sperando esse possano trasformarsi presto in azioni programmatiche. Nel corso delle nostre attività ho notato che per molti di noi l’operato di CIVICUM (che nel 2016 compie dodici anni!) viene identificato con segno dominante sul tema della trasparenza; inferiore pare essere la percezione dei soci dell’ operato in tema di maggiore efficienza ed efficacia della spesa pubblica attraverso merito e rendicontazione. Assai sentita mi è parsa inoltre l’indicazione di alcuni soci circa la non opportunità di un’eventuale rivisitazione della mission di CIVICUM verso una maggiore advocacy per un’importante riduzione del peso delle imposte sui cittadini italiani. Sul tema dell’efficienza e dell’efficacia: CIVICUM ha da anni concentrato sforzi notevoli di analisi quantitativa e qualitativa su questo tema, almeno tanto quanto su quello della trasparenza. Sicuramente è stata maggiore l’esposizione pubblica e mediatica della battaglia per la trasparenza (penso ad esempio al video di Federico Sassoli con il bicchiere in mano o le foto inviate sui social media con riferimento al concetto di trasparenza), ma con la stessa forza abbiamo comunicato e insistito sul fatto che la trasparenza è “lo strumento” principe (Einaudi direbbe “l’ancella”) per comprendere e rendere accountable la PA delle sue azioni ed omissioni. Se usata di più e meglio, la leva della trasparenza permette a tutti i contribuenti onesti di prendere coscienza e avere la giusta consapevolezza di come vengono utilizzate tutte le imposte pagate nell’arco di una vita intera fatta di lavoro e sacrifici personali e delle loro famiglie. Cittadini responsabili e consapevoli sono la vera ed unica garanzia di democrazia: solo da loro può giungere la richiesta alla PA di “dar conto” del proprio operato, la domanda di maggiore efficienza nella spesa pubblica, la verifica dell’efficacia dell’azione pubblica misurandone gli effettivi impatti rispetto ai costi sostenuti dai contribuenti. La mia prima conclusione/auspicio è di non entrare nella “trappola della discontinuità” ad ogni costo: dovremmo continuare invece a creare valore per il brand CIVICUM ribadendo, di più e meglio che in passato, il nesso causale ed indissolubile tra trasparenza, efficienza ed efficacia della spesa pubblica. A questo fine penso che occorra una sapiente e condivisa comunicazione strategica su cui nel corso 2016 devono concentrarsi ancor di più i nostri sforzi. Sul secondo tema, su cui il Presidente ha aperto il dibattito negli ultimi Direttivi, tengo a farvi sapere che – salvo alcune “sfumature tecniche” – personalmente condivido il suo pensiero: data la complessità del tema tenterò di spiegarmi con chiarezza. Parto da alcune assunzioni valide per tutti i “contribuenti onesti”:
- moltissimi italiani ancora non pagano per niente le tasse, o perché evasori o perché fiscalmente “incapienti” (su ca. 41 milioni di contribuenti censiti sono ca. 10 milioni i cittadini considerati incapienti, cioè non soggetti ad alcuna imposta diretta);
- moltissimi italiani ancora oggi pagano tasse di gran lunga inferiori a quelle che avrebbero dovuto e dovrebbero realmente pagare;
- su pochissimi italiani pesa un carico fiscale opprimente (si pensi alla distribuzione del carico IRPEF sulle categorie di dipendenti e pensionati dove il 5 % paga ca il 30 % dell’imposta principale della nazione);
- al di là del loro personale destino – che vede la stragrande maggioranza dei Soci ed Amici di CIVICUM cadere nel precedente terzo “girone”- quanto sopra ricordato si traduce per i lavoratori in una pressione fiscale diretta mediamente superiore al 40%; a questa vanno poi sommate le varie imposte patrimoniali introdotte negli anni più recenti (col sospetto che sulle reddituali non si potesse andare oltre e si dovesse quindi aggredire anche lo stock di risparmio già precedentemente tassato), variabili tra un ulteriore 5% ed un 15% del reddito annuo.
- occorra una percentuale molto più ridotta di quella quota per “sfamare la bestia”;
- perché qualunque percentuale sia una percentuale spesa bene per la comunità.